Cosa fareste con un giorno libero in più a settimana? La settimana lavorativa di 4 giorni sembra essere l’argomento più discusso dall’inizio della pandemia e ciò che ne deriva non è soltanto un compromesso temporaneo, bensì una vera e propria revisione dell’etica del lavoro.
Il Problema del Great Resignation
A causa dell’emergenza sanitaria scoppiata a inizio 2020 chiunque è stato costretto a ripensare ed aggiustare l’approccio al proprio lavoro, soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio fra questo e la vita privata. Nel corso del 2021 sempre più persone hanno deciso di lasciare il posto di lavoro alimentando quello che è stato definito il fenomeno del “Great Resignation”. Le aziende stanno registrando un tasso di licenziamenti da parte dei dipendenti che non si vedeva dal 2009, toccando a Novembre un record di 4.5 milioni di lavoratori solo negli Stati Uniti.
Come mostrato nella mappa, le differenze nella quantità di ore lavorate nei vari Paesi dell’Unione Europea sono notevoli. Da una ricerca dell’OMS con International Labour Organization è risultato che almeno 488 milioni di persone lavorano per più di 55 ore settimanali, molto al di sopra della soglia di ore considerata salutare ed equilibrata.
C’è quindi una grande difficoltà sia a mantenere il proprio staff che a reclutarne di nuovo e questo campanello d’allarme ha chiamato in campo nuove tattiche e strategie per la gestione delle risorse umane: orari più flessibili, salari più alti, lavoro da remoto e infine, in maniera pioneristica, la settimana di lavoro ridotta.
Una Sperimentazione Già Avviata
Non sono molte per adesso le realtà che hanno deciso di sperimentare la settimana lavorativa di 4 giorni, ma troviamo alcuni esempi dai risultati piuttosto incoraggianti.
Nel Regno Unito, a partire da fine 2021, 30 compagnie hanno preso parte ad un test di prova monitorato dai management interni e da organi di studio esterni. La formula è semplice: stesso stipendio, stessi benefit, stesso numero di ferie e stessi obiettivi di business. Ciò che cambia è la quantità di tempo in cui il lavoro viene distribuito, che passa da 5 a 4 giorni. In Italia l’occasione è stata colta da Carter & Benson che registra un forte incremento sulla qualità dei servizi offerti e sulla produttività dello staff.
Non è da escludere dalle conseguenze positive anche l’impatto ambientale di una scelta che potrebbe evitare al pianeta circa 127 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
Correnti Contrarie
Come ogni dibattito che si rispetti c’è anche chi non sembra particolarmente entusiasta all’idea di rivoluzionare il sistema “9 to 5”. L’utilizzo della tecnologia odierna può sicuramente favorire l’implementazione della settimana di 4 giorni per un ampio segmento di settori che hanno la possibilità strutturale di essere coperti da un’intelligenza artificiale in ogni momento.
Questa opzione non è ovviamente percorribile per altri tipi di lavori, soprattutto se hanno a che vedere con una presenza diretta al pubblico. Uno scoglio probabilmente sormontabile solo con un sistema di turnazione ben bilanciato, come del resto avviene già per innumerevoli realtà di produzione, retail e customer service.
Dal lato aziendale però questo potrebbe non essere sempre fattibile, soprattutto in termini di costi del personale. Tutti gli impiegati hanno in realtà un costo maggiore del proprio salario se consideriamo benefit di vario genere e contributi pensionistici.
Comunque si ponga la questione è inevitabile incontrare un qualche tipo di dissenso, ma è altrettanto doveroso considerare un’alternativa sia alla disposizione di lavoro classica che allo smart working, per il quale si è registrato nel corso del 2020 un aumento di ore lavorate del 10% proprio perché questa formula non sostiene una scissione vera fra lavoro e vita privata, ma anzi, rischia di favorire distaccamento e deconcentrazione.
Come l’essere umano di per sé, anche il lavoro è in continua evoluzione, basti pensare che nel XIX secolo non era così assurdo lavorare anche per 80 ore settimanali. Allo stesso modo questo potrebbe essere il momento di aprirsi ad un nuovo stile di lavoro, opposto allo stakanovismo, che riesca a lasciare spazio a tutto ciò che ci definisce al di fuori del contesto lavorativo. Il lavoro dovrebbe essere affermazione, dignità, un’attività da combinarsi ad una vita soddisfacente e non un mero impiego di tempo per guadagnarsi il pane.
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