Si sente parlare molto spesso di aziende sostenibili, di piani, idee e proposte per la riduzione dell’impatto ambientale per i vari sistemi di produzione, ma le stesse attenzioni lasciano a desiderare quando invece dell’industria manufatturiera si parla di aziende di servizi. Secondo circa l’80% degli italiani la principale causa dell’inquinamento atmosferico e delle malattie che ne derivano sono le industrie del settore secondario. Questa diffusa percezione si rivela piuttosto scorretta se andiamo a guardare al microscopio la realtà dei fatti che vede il 75% delle imprese di produzione impegnato in investimenti sostenibili per la riqualificazione di impianti e sistemi produttivi per ridurre il più possibile gli impatti ambientali.
Anche se questo impegno non va a risolvere il problema dell’inquinamento, dobbiamo renderci conto della condizione di partenza in cui tutte le industrie si sono ritrovate, agli albori del nuovo millennio, quando la parola “sostenibilità” ha davvero cominciato ad essere presente nel dibattito pubblico. È piuttosto chiaro che nessun imprenditore agli inizi dell’800 si sia posto il problema dell’impatto ambientale che la sua impresa avrebbe generato e con pochissime eccezioni questo atteggiamento indifferente si è trascinato immutato fino agli anni 90. Cambiare prospettiva ha significato cambiare radicalmente l’approccio alla produzione e alla gestione dell’impresa che implica necessariamente anche la ricerca e l’implementazione di nuove tecnologie, senza contare i periodi di sperimentazione e di assestamento. In aggiunta all’adeguamento tecnologico, gli imprenditori si sono ritrovati quindi nell’ingrata condizione morale di rimediare agli errori catastrofici commessi dagli imprenditori del passato, più o meno ignari delle conseguenze delle loro azioni.
Ciò che stupisce maggiormente è proprio la differenza delle azioni di riqualifica che sono significative nel settore secondario, ma drasticamente scarse sia per agricoltura e allevamento che per i servizi. L’agricoltura intensiva rimane il terzo maggior produttore di emissioni di gas serra e, come in un circolo vizioso, è allo stesso tempo vittima dell’inquinamento che genera (siccità, fenomeni atmosferici ecc.). Anche nel settore terziario troviamo dei problemi importanti per quanto riguarda l’incremento costante di consumo elettrico dal 1990 con un’evidente accelerazione dal 2005 in poi.
La percezione di “chi inquina di più” appare completamente sballata se facciamo riferimento alla questione dei trasporti. Le persone si rendono perfettamente conto del fatto che ognuno con la propria auto, anche semplicemente facendo il tragitto casa-lavoro, apporta un piccolo danno all’ambiente. Il pericolo, in questo frangente, è lasciare fuori dal nostro immaginario tutti gli altri trasporti di cui usufruiamo, facendo un banale acquisto online ad esempio: una t-shirt prodotta in Cina che viaggia dal negozio di New York fino a casa vostra a Firenze ha preso più mezzi di trasporto e viaggiato più di quanto tanti esseri umani facciano in 10 anni.
Cosa possiamo fare esattamente per contrastare il declino ambientale? No, non è una domanda da un milione di dollari e, benché l’attenzione e il controllo sulle imprese debba venire da organi governativi preposti, noi singoli individui dobbiamo innanzitutto scrollarci di dosso l’idea che ogni nostra piccola azione non conti niente nel panorama globale. Ciò che va modificato non è tanto il procurarsi 5 sacchetti diversi per fare la raccolta differenziata, ma l’assetto mentale per cui, in maniera del tutto naturale, un impiegato d’ufficio eviti di stampare 50 fogli quando non necessario per poi gettarli nel bidone indifferenziato.
Le idee per arrivare a fare scelte consapevoli possono essere tantissime. Dal 2020 noi di Parsec abbiamo scelto di metterci in gioco adottando ogni anno alberi per la ripopolazione della flora in Valtiberina appianando il livello di CO2 emesso dalla nostra flotta aziendale nell’anno precedente.
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Un’azienda sostenibile può e deve esistere, ma è una condizione possibile solo se ci impegniamo tutti a riqualificare, in primo luogo, il nostro modo di pensare e le nostre percezioni.